calcolo delle probabilità - RF4 - La costellazione regina d’inverno

rubrica: 

 

 

 

... Al Jabbar, Algebar e Algebra...

 Singolare davvero che la costellazione ‘regina d’inverno’ abbia dato origine a una branca della matematica. Evidentemente gli Arabi, osservando Orione, avevano elevato il loro pensiero, come già avevano fatto i Greci, assegnando allo sciame che punta verso Sirio il nome del gigante Orion, figlio di Poseidon che venne reso cieco da Zeus per aver amato la Pleiade Merope.
Il Dio Sole guarì Orione e gli permise di vendicare il danno subito ma l’ira di Orione tutto travolse: il gigante guarito vagò per i cieli in cerca del rivale Enopione cacciando e uccidendo ogni forma di vita.
A ricordo di questo Dio cacciatore ancora oggi brilla in cielo la Rigel-el-geuse (gamba del cacciatore) in una delle costellazioni più luminose del nostro Universo.
All’Algebra, l’etimologia assegna anche una seconda origine: al-jabrcol significato di restaurazione oppure scienza della comparazione.
Giusto il concetto di restaurazione, in quanto completamento di quella aritmetica della scuola Pitagorica, in cui il passaggio a sinistra dello zero risultava ancora incompiuto.
Lo zero: questa entità astratta del nulla a cui Shakespeare ha attribuito il ruolo di lettera ‘O’ senza figura. Lo zero entra ed esce continuamente nella storia della matematica: emerge e si inabissa.
Lo zero ha disorientato a lungo i Greci che non ne hanno mai trovato soluzione: nell’arte del contare mancava loro la notazione posizionale, la stessa difficoltà di calcolo che più tardi avrebbe infastidito anche i Romani che si affannarono a introdurre, senza successo, lettere dell’alfabeto corrispondenti ai multipli più rilevanti.
Alle cifre non era ancora stato assegnato il posto che realmente occupavano all’interno del numero e questa omissione costò a quelle civiltà un handicap insuperabile.
E dire che i Sumeri, già tremila anni prima di Cristo, avevano ampiamente risolto l’enigma dello zero e avevano dato soluzione alle equazioni di terzo grado partendo dal nulla della loro Mesopotamia, una terra che dava tanta fertilità quante inondazioni.
Il regno della terra coltivata (shumer), tra il Tigri e l’Eufrate, trasmise in parte il patrimonio della civiltà ai successivi Babilonesi ma, tristemente, ebbe la sfortuna di essere dimenticato dalla storia per mancanza di tracce archeologiche, fino al 1900 quando avvennero i primi ritrovamenti della città sacra di Uruk.
Ai Sumeri dobbiamo anche i primi trattati di ingegneria civile e i codici della scrittura.
Il buio dello zero oltrepassò i greci e i romani e finalmente prese forma e sostanza definitiva nella civiltà araba.
Sarà il matematico Al-Khuwarizmi nel secolo IX a comporre il primo trattato sulle sei equazioni fondamentali dell’algebra, riviste e adottate nei testi medievali del primo Rinascimento.
… se provate a leggere in fretta – due o tre volte - il nome Al-Khuwarizmi, vi verrà spontanea la parola algoritmo che oggi assume il significato di regola, complesso logico, formula.
Algebra, algoritmi, equazioni, cognizione dello ZERO … è questo il patrimonio della civiltà araba: la stessa armonia dei palazzi e delle moschee dell’Alhambra, a Granada, dove ancora si rimane stupiti dal complesso gioco delle simmetrie, le stesse che la matematica moderna ci dice essere quelle che “non mutano figura” e che si possono ottenere con la successiva permutazione di tutte le altre.
Appuntamento a venerdì.
 
Francesco Caranti