Techetechetè -- Il Déjà vu: un viaggio nella dimensione Spazio-Tempo

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… se l’Universo fosse come la buccia di una mela, un Bruco potrebbe perforarla per poi scendere veloce nella parte opposta…

Forse non ci siamo mai resi conto che ogni volta che ci troviamo davanti a uno specchio distante da noi un paio di metri, non stiamo realmente vedendo la nostra immagine reale bensì quella di un’altra  dimensione parallela invecchiata e traslata di sedici nanosecondi.
E’ vero, stiamo parlando di ben poca cosa poichè il nanosecondo è una misura temporale impercettibile: quei pochi miliardesimi che ci separano da ciò che vediamo è un tempo talmente trascurabile da non modificare per nulla la sostanza della visione reale.
L’importanza della questione non è tanto di carattere “quantitativo” quanto piuttosto “qualitativo” e ciò dimostra, almeno in teoria, l’esistenza di una eterna macchina del tempo sempre presente in tutti gli istanti del nostro quotidiano e sempre a nostra disposizione.
Ecco come il tempo infinitesimo necessario alla luce per rifletterci sullo specchio e riportare l’immagine alla nostra esperienza sensoriale, può diventare un curioso spunto di riflessione per considerazioni ben più complesse.
Il problema è noto alla Fisica col termine di finestra temporale e si aggancia al concetto della teoria delle stringhe: una serie di studi che immaginano la materia, l’energia, lo spazio e il tempo come manifestazioni di elementi sottostanti chiamati stringhe (inglese: brane, cioè oggetti spaziali estesi).
Il passo da fare è enorme poiché l’abitudine di visualizzare gli oggetti come insiemi di elementi geometrici puntiformi (i punti del piano e dello spazio) viene stravolta radicalmente nel passaggio alle stringhe con tutto ciò che comporta nel riadattamento delle regole di composizione della materia.
In questa nuova ingegneria della struttura, in pratica si sale di un livello: dalla dimensione ‘zero’ (il punto) si salta alla dimensione ‘uno’ (la stringa) ... un balzo avveniristico e fondamentale per l’indagine scientifica.
E’ proprio l’introduzione di una nuova struttura delle forme a liberare la fantasia nell’ambito delle dimensioni spazio-tempo e dentro alle teorie dell’interpretazione del destino dell’umanità.
Ecco come una semplice modifica a un avvenimento chiave del passato potrebbe cambiare sostanzialmente tutti quelli successivi se solo si potesse intervenire con una macchina del tempo, ovviamente molto più evoluta di quella che abbiamo usato nel banale esperimento dello specchio.
Su come e perché una qualsiasi deviazione di un avvenimento del passato possa interferire su ciò che sarà in futuro, il dibattito resta ancora aperto.
Se infatti un’azione qualsiasi può cambiare soltanto perché l’abbiamo osservata in modo ‘ritardato nel tempo’, allora ci si può anche domandare come si possano spiegare tutti i cambiamenti delle situazioni che verranno.
I quesiti si susseguono incalzanti …
Quale responsabilità oggettiva potrà avere ciascuno di noi rispetto al naturale svolgersi dell’esistenza?
Quali elementi risultano realmente codificati a priori e quali invece sono quelli modificabili?
E’ possibile incontrare se stessi in un passato già noto?
Può una macchina essere in grado di modificare il libero arbitrio?
Quali sono i confini reali tra gli studi della fisica e la volontà e la capacità di ognuno di noi?
 
… tutte questioni infinite e irrisolvibili!
 
Ma per entrare più da vicino e in modo spettacolare nei Mondi Paralleli della Fisica delle Stringhe, nel 2006 è uscito un bel film all’incrocio tra la scienza e la finzione.
Stiamo parlando del capolavoro di Bruckheimer e Scott, una formidabile accoppiata di Produzione e di Regia.
Bruckheimer (Stai Uniti 1945 – live) e Scott (Inghilterra 1937 – live) hanno impiegato oltre 150 milioni di dollari per realizzare Déjà vu, un lungometraggio girato nella New Orleans del dopo-uragano Katrina del 2005.
Un film dagli effetti speciali e pieno di ritmi frenetici che riporta sullo schermo il Déjà vu (già visto) cioè tutto ciò che rappresenta uno dei più oscuri ricordi della psiche: la sensazione di avere da sempre conosciuto ciò che appare al momento.
Parliamo della paramnesia, cioè della sensazione di avere già vissuto precedentemente quell’avvenimento e quell’esatta situazione che si sta verificando: il ricordo di un fatto, di una persona o di una sensazione emotiva.
Il termine è stato creato dal francese Emile Boirac ai primi del novecento nel libro: “Il futuro delle scienze psichiche”. Boirac volle pensare a un termine che consentisse di esprimere quella strana esperienza accompagnata da un forte senso di familiarità, soprannaturalità, stranezza e mistero tipica del “rivissuto”.
Per quanto le esperienze precedenti siano perlopiù tipiche del mondo dei sogni, si ha la sensazione comune che esista l’idea che quei fatti siano realmente accaduti in passato.
Il déjà vu è abbastanza comune a tutti noi e non si tratta di un fenomeno nuovo, il problema semmai sta nel fatto che nell’analisi psicologica di laboratorio non si riesce ad esprimerlo come veramente si vorrebbe per via della mancanza di dati scientifici precisi: per tutto ciò il Déjà vu resta ancora un mistero.
Un mistero ben interpretato da Denzel Washingtone daPaula Patton in un genere poliziesco di fantascienza in cui via via si fa strada l'ipotesi che il viaggio all’indietro nel tempo possa realmente fermare un crimine. E così è nel film poichè un tragico attentato terroristico al traghetto di New Orleans si trasformerà in un normale incidente di conseguenze molto meno violente.
Si entra nel gioco della teoria degli universi paralleli, argomento sul quale la regia si è avvalsa della consulenza di Brian Greene, uno dei massimi esperti mondiali della teoria delle stringhe.
L’ipotesi si basa sulla possibilità che il Cosmo sia formato da un numero infinito di Universi paralleli e che a noi – nella dimensione attuale – sia capitato per puro caso di viverne uno soltanto, ignorando l’esistenza di tutti gli altri.
 
Da una primigenia fantascienza, la teoria degli universi paralleli oggi è chiamata in causa in modo più serio poichè si pensa che l'universo sia formato da membrane in continua vibrazione all’interno di ben undici dimensioni diverse.
In questa ipotesi di un Cosmo a ‘n’ dimensioni, tutti gli altri universi paralleli potrebbero essere separati dal nostro da una distanza minima, misurabile nell’ordine di poche frazioni di millimetro.
L’esempio migliore da fare è quello di una ‘forma di pane a cassetta’: il nostro universo potrebbe essere simile a una singola e sottile fetta d quel Pane nei confronti di un Pane di ben più ampie dimensioni (world-sheet, cioè: un mondo fatto di fogli).
Per quanto la teoria lasci irrisolti molti problemi, è lecito pensare che essa apra nuove prospettive sulla possibilità di viaggiare nel tempo e anche di poter manipolare il passato e ciò che sarà il futuro.
Di fronte alla vastità dell’infinito ci si potrebbe anche fermare a queste prime dichiarazioni: "Nell'universo c'è molto di più di quanto noi possiamo renderci conto. E ciò deve convincerci ad apprezzare maggiormente il nostro posto nel cosmo".
 
Il postulato non è limitativo e semplicistico in se stesso: ci aiuta semplicemente a riflettere più positivamente sul senso dell’esistenza e serve a tracciare un limite preciso tra l’indagine e l’introspezione.
Volendo invece proseguire nel ragionamento, altre ipotesi si spingono a collegare la Teoria delle Stringhe con ciò che può essere avvenuto al momento del Big Bang, cioè durante l’esplosione del Buco Nero dal quale si pensa abbia avuto origine il nostro Universo.
La più importante di queste teorie è conosciuta come l’Ipotesi di Palombo,  la quale cercadi spiegare la somiglianza tra la forma d’onda di scoppio del Big Bang con le vibrazioni delle onde elettromagnetiche che già conosciamo.
Questa corrispondenza si rifà a una seconda teoria fondamentale, l’Azione di Polyakov, secondo la quale, all’interno di più Stringhe, ciascuna di esse può vibrare in maniera diversa in modo che ad ogni vibrazione possa corrispondere un tipo diverso di particella.
Un pò come nella musica, l’azione di Polyakov afferma che ogni particella dipende dal modo in cui essa tende a vibrare, cioè dalla “nota” che la stringa stessa produce nel momento in cui inizia a vibrare.
Sensazionale davvero: “La materia esiste in quanto vibrazione di essa stessa”.
Tutte le volte che la materia cambia la propria vibrazione, secondo Polyakov, essa cambierà di stringa e quindi muterà anche il proprio stato fisico: una grande prova di interrelazione tra energia e materia.
 
Ritornando al nostro film, la regia ha fatto un ottimo lavoro giocando sulla possibilità di intervenire a ritroso nel tempo. Per far ciò ha utilizzato lo stratagemma secondo cui Presente e Passato si muovono all’interno di un intervello temporale costante, un po’ come se vedessimo noi stessi dentro una moviola in ritardo di un numero di giorni costante, quasi come avviene nelle registrazioni televisive.
Il film ha così ‘scomodato’ un’altra teoria fondamentale di queste problematiche, molto pittoresca nel suo nome: Il Buco di Tarlo.
Il Buco di Tarlo (wormhole) è un’altra caratteristica della dimensione spazio-tempo, una specie di "scorciatoia" in grado di avvicinare due punti qualsiasi dell’universo ... se così fosse si potrebbe viaggiare più velocemente di quanto impiega la luce a percorrere le distanze dello Spazio.
Il termine wormhole deriva dall’analogia utilizzata per spiegare questo processo.
Se immaginiamo l'universo come la buccia di una mela e che un verme viaggi sulla sua superficie, allora la distanza tra due punti opposti della mela è pari a metà della circonferenza.
Ciò è vero se il verme resta sulla superficie della mela.
Se però il verme si mettesse a scavare un foro diretto e profondo attraverso la mela, allora la distanza percorsa sarebbe nettamente inferiore.
La Fisica ancora non sa se il wormhole possa realmente esistere.
Per esempio, la congettura di Stephen Hawking (Oxford 1942 – live) afferma che parecchi problemi derivanti dal viaggio lungo il tempo del Wormhole comprometterebbero molte delle ipotesi su cui si regge tutta la Fisica stessa.
E mentre la fisica di Einstein ammette la possibilità teorica di un viaggio nel futuro poiché ancora non sono stati trovati paradossi in grado di negarli, ben diversa è la situazione per quanto riguarda i viaggi nel passato (e qui ci dispiace per il nostro film Déjà vu).
La congettura di Hawkingnasce appunto per risolvere il cosiddetto Paradosso del nonno che rende non-plausibile la possibilità di un viaggio nel passato.
Il primo a descriverlo fu René Barjavel (Nyons 1911 – Parigi 1985), uno scrittore di fantascienza, nel suo libro Il viaggiatore imprudente’.
Il paradosso suppone che un nipote torni indietro nel tempo e uccida suo nonno prima che incontri sua nonna, dunque prima che potessero sposarsi ed avere discendenza.
Se ciò fosse possibile, il nipote non sarebbe mai potuto nascere, dunque non avrebbe mai potuto tornare a ritroso nel tempo per uccidere il nonno.
Ecco il dilemma: “Il nipote ha viaggiato indietro nel tempo oppure no?”.
L’unica modo per continuare a vivere, sarebbe quello di ingravidare la nonna in modo tale da diventare nonno di se stesso.
Già! Nonostante la logicità della spiegazione di Hawking, seguendo la nuova interpretazione dei mondi paralleli della Fisica, l’esempio dell’uccisione del nonno non costituirebbe un Paradosso poiché ogni evento realmente accaduto verrebbe per così dire registrato su un nuovo Universo Parallelo in cui la Storia si evolve in modo indipendente da quello originario.
 
Ok! Va bene così. … alziamo le mani in segno di resa!
Le variabili del problema cominciano a diventare infinite e si spostano dal mondo delle esperienze percettibili a quello della Fisica della immaginazione: rischiamo veramente di perderci tra la conoscenza reale e la fantascienza pura.
L’unica soluzione, per ora, è quella di gustarci il film in compagnia di un amico appassionato di queste follie.
E forse come è capitato a me, anche a voi questa pellicola potrà scatenare l’immaginazione e la fantasia: poco ci importa se le leggi della Fisica ci negano un meraviglioso viaggio nella fantascienza!
 
Francesco Caranti